Il quadro congiunturale del mercato del lavoro appare alquanto positivo. Ma da una lettura comparata degli indicatori chiave emergono i tanti ritardi strutturali rispetto alla media europea. In prospettiva, invecchiamento della forza lavoro e migliore equilibrio vita-lavoro acuiranno lo shortage di manodopera qualificata.

 

di Fabio Pengo, Vice Presidente Fasi

Nel 2021 il Fasi ha fatto nascere in seno alla propria struttura organizzativa un Centro Studi, la cui funzione precipua è quella di supportare con dati oggettivi e metodo scientifico la Governance nelle decisioni strategiche, quantificandone l’impatto a medio-lungo termine sulla sostenibilità economico- finanziaria del Fondo. Analisi empiriche sul contesto esterno, macroeconomico e settoriale, come lo studio qui presentato su un tema demografico/occupazionale, sono un esempio dell’attività di supporto del Centro Studi Fasi.

Gli ultimi dati Istat descrivono una situazione del mercato del lavoro italiano piuttosto rosea. Nel 2023, l’occupazione è aumentata di quasi 450 mila unità (+1,9% la variazione annua) e il numero di occupati ha raggiunto quota 23,6 milioni, record storico. A trainare la crescita sono stati i dipendenti che rappresentano l’80% dei lavoratori, grazie a 486mila contratti “stabili” in più rispetto al 2022 e oltre 80 mila contratti “precari” in meno.

La massa di inattivi 15-64 anni si è ridotta di quasi mezzo milione e la loro incidenza percentuale sulla popolazione è scesa a poco più di un terzo (1 punto percentuale in meno rispetto al 2022). La quota di popolazione 15-64 anni che lavora è aumentata, portando così il tasso di occupazione al massimo storico di 61,4%, con un picco record di 52,4% per le donne. La platea dei senza lavoro si è progressivamente ristretta nel corso dell’anno ed è ormai scesa al di sotto della barriera dei 2 milioni, sebbene ancora lontana dai livelli pre-crisi finanziaria (1,5 milioni nel 2007). Quanto all’aspetto settoriale dell’occupazione, la manifattura, il comparto con la più alta job creation (18,5% la sua quota di addetti), ha visto aumentare i lavoratori (1,8%), raggiungendo quota 4,3 milioni, nonostante la contrazione del valore aggiunto industriale.

Si è verificato, dunque, un disaccoppiamento tra la dinamica positiva dell’occupazione e quella negativa dell’attività economica (-1,2%). Questo ha comportato un mancato o un sotto-utilizzo dei lavoratori nel processo produttivo (labour hoarding) per oltre una impresa manifatturiera su dieci[1], un’incidenza ben lontana dal 26% registrato nel maggio 2020 con la fine del lockdown. Nonostante i recenti progressi congiunturali, l’Italia registra ancora ampi differenziali negativi in vari indicatori chiave rispetto alla media Ue. Il Grafico 1 mostra i valori degli indicatori prescelti e ne visualizza le distanze dalla media Ue27, dai paesi più performanti e da quelli “peggiori”, che spesso coincidono proprio con l’Italia.

Siamo, infatti, il fanalino di coda per tasso di occupazione totale e femminile e abbiamo la più alta incidenza di inattivi sulla popolazione 15-64[2]. In termini di quantità di capitale umano, meno di 1 occupato su 4 ha la laurea, un primato negativo che ci contendiamo con la Romania. Un punto di attenzione rilevante per evitare in futuro di aggravare lo shortage di manodopera è l’invecchiamento della forza lavoro che procede in parallelo con quello demografico. Secondo le previsioni dell’Istat, nei prossimi decenni ci sarà un calo delle persone in età da lavoro: 32 milioni i 15- 64enni nel 2040 dai 37,5 attuali. Un’altra criticità emergente è il fenomeno delle dimissioni volontarie di massa (great resignation) nel post-pandemia.

Senza prendere posizione sulle possibili ragioni sottostanti, scarso engagement[3] lavorativo e/o desiderio di conciliare maggiormente tempi di vita e lavoro, i numeri delle comunicazioni obbligatore (Ministero del Lavoro) ci dicono che complessivamente nei primi tre trimestri 2023, il flusso di rapporti di lavoro cessati per dimissioni rassegnate dai lavoratori è stato di 1,6 milioni, in riduzione rispetto allo stesso periodo del 2022 (Grafico 2).

[1] L’indicatore è elaborato dalla Commissione Europea per i paesi membri sia aggregato sia settoriale: “European Business Cycle Indicators 2nd Quarter 2023-Special topic “A new survey-based labour hoarding indicator”, luglio 2023.
[2] Considerando la popolazione 15 anni e oltre, gli inattivi salgono a 26 milioni più degli attivi (25 milioni) e degli occupati (23 milioni).
[3] Secondo il rapporto “State of the Global Workplace 2023”, Gallup®, Inc, tra i lavoratori italiani solo il 4% è motivato, la percentuale più bassa in Europa.