La domanda di salute resta la priorità numero uno per la popolazione italiana. Il Fasi risponde a questo bisogno ispirando la propria attività ai principii di mutualità, solidarietà intergenerazionale e non selezione del rischio. Di questo e altro abbiamo parlato con il Vice Presidente FABIO PENGO

“Il panorama dell’assistenza sanitaria integrativa nel nostro Paese ha subito significativi cambiamenti, riflettendo l’evoluzione del sistema sanitario nel suo complesso e soprattutto le sfide che ha dovuto affrontare”. A parlare è Fabio Pengo, manager di lungo corso con oltre 25 anni di esperienza in aziende del settore ICT, Life Sciences e Medical Device e oggi vice presidente del Fasi, il fondo per l’assistenza sanitaria integrativa destinato ai dirigenti nato dall’azione congiunta di Confindustria e Federmanager alla fine degli anni Settanta.

Presidente, a quali sfide si riferisce?

Mi riferisco per esempio al sovraffollamento, un fenomeno di cui sentiamo continuamente parlare sulla stampa, che determina liste di attesa sempre più lunghe. Oppure alle risorse strumentali e professionali, che non sempre sono sufficienti a rispondere ai bisogni della popolazione; o, ancora, alla riduzione dei servizi totalmente gratuiti erogati dalla sanità pubblica. Insomma, un insieme di criticità che si va ad aggiungere a una tendenza ormai consolidata nel nostro Paese che vede la popolazione in costante invecchiamento.

Negli ultimi anni i cittadini hanno fatto sempre maggior ricorso alla cosiddetta sanità integrativa. I dati a nostra disposizione ci dicono che siamo passati da circa sette milioni di cittadini nel 2013 a circa 14 milioni nel 2019. Un raddoppio della popolazione assistita che si è tradotto anche in una maggiore attenzione da parte delle aziende nell’offrire ai propri dipendenti una tutela sanitaria integrativa. D’altra parte, è confermato da numerose indagini e ricerche che la domanda di salute resta la priorità numero uno per la popolazione italiana.

Nonostante questo incremento dobbiamo registrare allo stesso tempo che la spesa sanitaria intermediata, ovvero quella che transita attraverso i fondi o le assicurazioni, costituisce ancora oggi una piccola parte rispetto alla spesa “out of pocket”, cioè quella sostenuta dal cittadino di tasca propria: parliamo di 5 miliardi di euro a fronte di un totale di 40 miliardi di euro. Questo è un dato importante.

Perché?

Perché sappiamo che due tra gli effetti principali dell’azione dei fondi sanitari sono il calmieramento delle tariffe e il monitoraggio delle stesse. Nel sistema di welfare italiano osserviamo tre livelli: il primo è la sanità pubblica, che eroga le prestazioni sanitarie a tutti i residenti sul territorio italiano nel rispetto dei Lea (livelli essenziali di assistenza, ndr) con un finanziamento basato sulla fiscalità generale; il secondo è costituito dalla sanità collettiva integrata, per l’appunto i fondi sanitari; il terzo è la sanità individuale, legata a polizze assicurative e quindi privata a tutti gli effetti.

Il Fasi si colloca nel secondo livello e ispira la propria attività ai principi di mutualità, solidarietà intergenerazionale e non selezione del rischio. Tutti i servizi sono erogati attraverso il Nomenclatore Tariffario, uno strumento che il nostro apposito gruppo di lavoro tiene costantemente aggiornato, sia sotto il profilo tecnologico che sotto quello della tipologia di prestazioni. Il criterio che ci ispira è quello di non inseguire il bisogno assistenziale, bensì di anticiparlo.

Poc’anzi ha accennato all’invecchiamento della popolazione. Sappiamo che la crisi demografica porterà nei prossimi anni a una diminuzione della forza lavoro. Rilevate le prime avvisaglie del fenomeno anche all’interno della platea dei vostri iscritti? In generale, in che modo il Fasi si prepara ad affrontare questa sfida?

Il Fasi ha già sperimentato in passato questo fenomeno. In particolare, tra il 2005 e il 2012 registrammo un repentino aumento dei dirigenti in pensione e una forte diminuzione di quelli in servizio, con un deterioramento del rapporto fra questi due valori. Il Fasi ha saputo rispondere a questa situazione grazie a un’oculata gestione delle risorse: da una parte, c’è stata la revisione – e anche l’aumento – dei contributi richiesti; dall’altra, si è intervenuti pure sul Nomenclatore Tariffario, con un aggiornamento delle prestazioni riconosciute e delle relative tariffe per erogare il rimborso.

Fortunatamente negli ultimi anni abbiamo osservato un aumento dei dirigenti in servizio, ma siamo consapevoli che persista il rischio di un’altra ondata demografica, anche perché molti dei nostri assistiti, oggi, hanno un’età compresa tra i 50 e i 60 anni.

Come Fasi abbiamo messo a punto un modello previsionale per poter studiare l’evoluzione del fondo nel corso dei prossimi anni, siamo arrivati al 2030. Questo strumento ci permette di stimare eventuali disavanzi sulla base delle variabili macroeconomiche che raccogliamo da studi e banche dati; è uno strumento importantissimo perché ci consente di valutare in anticipo se occorre apportare correttivi, in particolare alla parte contribuzione. Agisce inoltre da supporto alle decisioni, come per esempio rispetto all’inserimento di nuove prestazioni.

Inoltre, abbiamo rafforzato la nostra attività di comunicazione con l’obiettivo di favorire la comprensione del valore delle tutele che il Fasi offre.

Puntate quindi ad ampliare la platea dei vostri iscritti?

Abbiamo già una buona percentuale di iscritti rispetto a quelli potenziali che, come sa, sono quelli legati ai contratti delle aziende che accedono al Fasi. Ci sono ancora margini di ampliamento rispetto ad altre imprese, pertanto questa attività è volta a far conoscere le innumerevoli tutele che il fondo dà.

La prevenzione, per esempio, è diventato un tema sempre più importante. In che modo promuovete questa buona pratica tra i vostri iscritti?  

La prevenzione è fondamentale. Ogni euro investito ha un ritorno enorme, in termini di mancato costo per la collettività. Cerchiamo quindi di incoraggiare comportamenti sani e a questo scopo, come Fasi, offriamo 17 pacchetti di prevenzione differenziati per sesso e per età, basati sulle evidenze scientifiche ad oggi disponibili. Sono accessibili presso le strutture sanitarie convenzionate e vengono erogati agli iscritti e al loro nucleo familiare, a patto che rientrino nelle categorie previste dal pacchetto. Devo dire che, anche grazie all’attività di comunicazione che stiamo facendo, abbiamo notato un interesse crescente da parte dei nostri iscritti.

Offrire un buon welfare è uno strumento di attrazione per le imprese. Quali politiche adottate per incoraggiare le Pmi ad aderire al Fasi?

Se prendiamo come riferimento i criteri europei e quindi consideriamo Pmi le realtà fino a 250 dipendenti, allora posso dirle che la stragrande maggioranza degli iscritti al Fasi sono Pmi. In ogni caso il nostro obiettivo è incontrare le aziende sul territorio e farci conoscere, illustrando tutti i benefici delle tutele erogate dal Fasi. Per questo motivo abbiamo da poco avviato un ciclo di incontri sul territorio, presso le varie sedi di Confindustria, che toccherà le principali città: Roma, Milano, Verona, Parma, Bari, Napoli, per non citarne che alcune. Incontri durante i quali sottolineeremo molto l’importanza del benessere delle persone all’interno delle aziende.

Infine, abbiamo da poco rinnovato il nostro sito, introducendo nuove funzionalità che consentono alle aziende di inviare le richieste di adesione al Fondo e altra documentazione direttamente in formato digitale. Il nostro obiettivo è offrire la migliore esperienza possibile e semplificare l’accesso al servizio. La digitalizzazione è una grande soluzione, senza dubbio.