Le previsioni più ottimistiche indicano che nel 2025, praticamente domani, mancheranno alla sanità pubblica oltre 16.000 medici. Parafrasando Gabriel Garcia Marquez, potremmo definirla cronaca di un disastro annunciato. Si susseguono le Regioni italiane costrette e richiamare in servizio medici in pensione, l’ultima in ordine di tempo è il Molise che ha dovuto chiedere a decine di medici in quiescenza, di ritornare a esercitare per mancanza di sostituti. Il fenomeno, se le istituzioni preposte non si danno una mossa, rischia di mettere in ginocchio l’intero sistema sanitario italiano pubblico e privato, molto spesso criticato, ma che resta uno dei migliori al mondo. E nessuno potrà dimostrarsi sorpreso quando questo accadrà, perché le cause sono arcinote da qualche tempo: l’invecchiamento della popolazione, il numero chiuso per gli studenti delle facoltà di medicina, le difficoltà di accesso alle specializzazioni, gli effetti della legge Fornero e Quota 100 per l’andata in pensione. In una recente intervista a un quotidiano nazionale il ministro della Salute, Giulia Grillo, ha riconosciuto la gravità della situazione e ha definito il richiamo in servizio dei medici pensionati un “provvedimento tampone” che però non risolve il problema. Il Ministro ha detto che “ il fallimento della politica c’è e viene da lontano, da una mancata programmazione degli ultimi vent’anni” che lei sta cercando di rimediare, ma la situazione è molto complicata e i tempi sono molto stretti.
Intanto, percorrendo la dorsale appenninica italiana, gli ospedali che rimangono senza medici sono sempre più numerosi. A mancare sono soprattutto medici di pronto soccorso, anestesisti, ortopedici e ginecologi, ma anche medici di base o di famiglia. Paradossalmente in Italia esiste un settore in cui ci sono più posti di lavoro che lavoratori disposti a prenderli.
Secondo il sindacato dei medici italiani (Anaao-Assomed), in Italia si formano circa 10.000 medici ogni anno, ma l’offerta di specializzazioni non supera i 7000 posti, per cui ogni anno c’è uno sbilanciamento di circa 3000 medici e, quest’imbuto formativo, si accumula negli anni. Sono circa 2000, inoltre, i laureati in medicina nel nostro Paese che ogni anno se ne vanno all’estero a specializzarsi e a lavorare. Qualcuno ha detto che è come se regalassimo ogni anno 2000 Ferrari a Paesi stranieri. Sì perché formare un medico per sei anni di università costa circa 150.000 euro alla collettività e mandare, o costringere a emigrare, questa forza lavoro specializzata equivale a regalare ad altri lo sforzo fatto per la loro formazione.
Marcello Garzia
Presidente Fasi