“Evitare la procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea e affrontare le priorità dell’economia: debito, deficit e crescita con l’obiettivo di creare lavoro”. Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, ha rilanciato per l’ennesima volta, in questi giorni, l’allarme sulla stasi che caratterizza l’economia italiana. “Occorre un’Europa più integrata che non sia solo un gigante economico ma anche un gigante politico”. Il timore di Boccia è che di fronte ai dazi americani di Trump e la strategia della “via della seta” portata avanti dalla Cina per entrare in Europa, il vecchio continente possa finire schiacciato come il classico vaso di coccio tra i vasi di ferro. Solo la crescita può evitare questo rischio. “ Se si vuole creare lavoro – ha rimarcato il leader degli industriali italiani – occorre ridurre le tasse e i contributi sui salari, varare una detassazione e decontribuzione dei premi di produttività e approvare al più presto una politica d’inclusione dei giovani nel mondo del lavoro”.
Purtroppo a scorrere i dati, gli allarmi del mondo imprenditoriale restano lettera morta. L’industria italiana, secondo l’ultima rilevazione dell’Istat, continua a muoversi col passo del gambero. L’indice destagionalizzato della produzione industriale, infatti, è sceso di un altro 0,7%, rafforzando le peggiori attese che gli economisti davano su una possibile stagnazione generalizzata dell’economia nel secondo semestre dell’anno.
Nella variazione mensile, soltanto per l’energia (+3,6%) si vede un segno positivo; “diminuzioni si registrano, invece, per i beni strumentali (-2,5%) e, in misura più lieve, per i beni intermedi (-0,7%) e i beni di consumo (-0,5%)”, dice ancora l’Istat. E, se si guarda invece alla variazione annua, spicca il netto crollo per la produzione italiana di autoveicoli, giù del 17,1% rispetto all’aprile 2018 nei dati corretti per gli effetti di calendario. La contrazione accumulata nei primi quattro mesi dell’anno arriva così al 14,7%.
Confindustria e sindacati sono concordi nel ripetere che è “dalla manifattura che bisogna ripartire per una grande reazione”. Il mondo produttivo italiano nel suo complesso è unito nell’affermare la necessità che occorre costruire un’idea di paese tra tre, cinque, vent’anni e non limitarsi solo a fare “presentismo” e tattica. Non si tratta di individuare le colpe, quello che è fatto è fatto, ma guardare avanti. Ci sono scadenze importanti che vanno affrontate con spirito unitario: la nuova Commissione Europea, il presidente della BCE che sostituirà Mario Draghi e, per quanto riguarda l’Italia ricostruire una capacità attrattiva del nostro Paese, soprattutto nel Mezzogiorno, non si può continuare a gestire solo le emergenze. La creazione di nuovi posti di lavoro vuol dire, anche per noi del Fasi, la possibilità di programmare il futuro, di avere giovani manager che si assicurano per se stessi e per i propri familiari un’assistenza sanitaria integrativa, capace di fornire un supporto nel momento del bisogno per affrontare le vicende della vita con maggiore serenità.
Luca Del Vecchio
Vicepresidente Fasi