Forse non ha avuto l’importanza che meritava la notizia che una delle big Pharma mondiali ha deciso di sospendere ogni ricerca in corso per un farmaco in grado di contrastare il morbo di Alzheimer e Parkinson. Anche il colosso farmaceutico Usa ha gettato la spugna. Oltre 300 ricercatori che per anni si sono dedicati anima e corpo, nei laboratori d’oltre oceano, a una cura capace di arrestare due malattie terribili e invalidanti che nel mondo colpiscono centinaia di milioni di persone, saranno licenziati perché il loro lavoro non ha prodotto i frutti sperati. Sed Lex Dura Lex. E’ la dura legge del mercato, il colosso mondiale ha investito centinaia di milioni di dollari in un progetto di ricerca ad alto rischio, sperando in un farmaco risolutivo che avrebbe portato nelle casse aziendali miliardi di dollari, oltre che a dare sollievo a milioni di malati, invece ha dovuto prendere atto del fallimento e interrompere i finanziamenti pena la bancarotta. Sicuramente un brutto colpo per tutti i malati e le loro famiglie, ma anche per la scienza biomedica in generale. Oltretutto le previsioni indicano una triplicazione dei malati entro il 2050 se non s’individua un qualche rimedio in grado di rallentare il percorso del male. L’invecchiamento della popolazione, la cronicizzazione delle malattie, lo sappiamo, saranno i nodi da sciogliere nel prossimo futuro, ma chi è affetto da Alzheimer perde decenni di vita in buona salute fisica ma, con costi straordinari per le famiglie e i sistemi sanitari.
Il problema, al momento irrisolvibile, dell’Alzheimer è che non sono disponibili marcatori predittivi precoci della malattia che possano dirci se una persona è in grado di sviluppare il morbo: non sappiamo se entrano in gioco fattori genetici o ambientali, in altre parole non capiamo perché colpisce. Ha detto lo scienziato italiano Edoardo Boncinelli, autentico faro delle neuroscienze: “ L’Alzheimer, insieme a tutte le malattie neurodegenerative, non potranno che aumentare nei prossimi anni, considerando l’aumento della vita media di tutte le nazioni come la nostra, ed esigeranno una tassa di vite e di benessere che non è chiaro se riusciremo a sostenere”. L’unica soluzione che intravvedono gli esperti, italiani e non, è quella di incrementare la ricerca di base, la ricerca pubblica che si fa nelle università, nei centri di ricerca e negli ospedali che, pur essendo a volte lontana dalla applicabilità immediata e dal profitto, ha in campo biomedico un profondo impatto sull’avanzamento delle conoscenze senza le quali non possono esserci strategie terapeutiche adeguate e consistenti. Dobbiamo adoperarci per mettere insieme una partnership pubblico-privato contro l’Alzheimer (così com’è stato fatto per l’Aids), lavorando insieme: accademia, università, centri di ricerca, società scientifiche, organizzazioni non governative, associazioni di pazienti e, non ultima, l’industria farmaceutica e biomedica. Si tratta di una sfida che investe in prima persona anche il nostro Fondo e i nostri iscritti: l’assistenza infermieristica ai malati non autosufficienti rappresenta oggi una delle voci di spesa più importanti nel nostro bilancio ed è nostro obiettivo continuare a supportare al meglio i nostri assistiti anche per il prossimo futuro.
Marcello Garzia
Presidente Fasi