“L’Italia ha un disperato bisogno di Pil, d’infrastrutture, di benessere. Se, fosse dipeso da noi, avremmo costruito non una ma mille Tav”. Così Stefano Cuzzilla, ha introdotto l’Assemblea 2019 di Federmanager. Il presidente dell’associazione dei manager italiani ha rincarato la dose nella sua relazione introduttiva: “L’Italia non cresce, punto, bisogna avere il coraggio di andare controvento”. Per gli oltre 170.000 dirigenti associati in Federmanager manca ancora quella percezione del “cambiamento”, sbandierato dall’attuale governo, verso una politica economica che metta al centro impresa e dirigenti, in altre parole manca il sistema Italia. Concetti ribaditi dal palco dell’Auditorium romano da Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria e dal presidente Confapi, Maurizio Casasco. Serve maggiore unità, a due settimane dal voto europeo, serve un soggetto politico che accompagni un’agenda europea che comprenda l’unione fiscale, il compimento del mercato unico, l’armonizzazione delle regole della giustizia, l’unione bancaria e, anche, un esercito europeo. Il grido d’allarme dei manager italiani riguarda soprattutto l’attuazione delle grandi e piccole opere infrastrutturali che vanno realizzate e basta. Dalla loro messa in atto, infatti, dipende la tenuta delle nostre imprese, l’occupazione, la possibilità di continuare a essere un paese industrializzato e all’avanguardia, collegato e in competizione col resto del mondo. Sulla Tav, ha insistito il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla, si sta giocando una partita di consenso, una strumentalizzazione politica che sta dividendo il paese invece che collegarlo ai nostri vicini francesi e al resto d’Europa. “Non possiamo accettare lo stallo – ha proseguito Cuzzilla – non possiamo accettare che l’investimento pubblico, finanziato dalla fiscalità generale, sia sprecato, sabotato nella sua attuazione. Serve un serio piano di lunga gittata su logistica e infrastrutture”.

Presenti all’Assemblea il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani e il ministro per i rapporti col Parlamento, Riccardo Fraccaro, hanno entrambi assicurati la loro vicinanza ai temi proposti da Federmanager e nella fattispecie, il ministro Fraccaro, ha annunciato dal palco la prossima firma del decreto “innovation manager”, fortemente voluto da Federmanager che, come ha detto il Ministro: “è uno strumento che cuba 40mila euro per ogni singola impresa e permette all’imprenditore, con uno sgravio fiscale, di farsi affiancare da un manager esperto in digitalizzazione e internazionalizzazione”.

Ma, se c’è una cosa che i dirigenti industriali italiani non hanno proprio mandato giù, è la sterile discussione e le risse sulla crescita del Pil italiano. Grottesche, sono state definite. L’Italia non è in recessione per uno zero virgola qualcosa ma, perché, la produttività del lavoro è cresciuta negli ultimi sedici anni solo dello 0,4%, contro il 15% di Spagna e Gran Bretagna e, addirittura, del 18,3% della Germania.

Un ultimo punto, molto condiviso con Confindustria, Cuzzilla l’ha dedicato alla commistione tra imprese e manager, tra azionisti e dirigenti. Solo con bravi manager le imprese possono crescere, soprattutto in tempi di passaggio generazionale non garantito dentro le aziende. La scarsa managerializzazione delle imprese italiane è un freno alla modernizzazione del Paese. Serve un’alleanza tra manager e impresa. Serve una nuova cultura per sostenere la crescita delle aziende medie e piccole, che sono il 98% del nostro tessuto produttivo. Finora le imprese che si sono dotate di competenze manageriali hanno visto crescere la loro produttività”.  In Italia le imprese familiari hanno il 70% dell’intero management che è espressione della famiglia. Non succede in nessun altro Paese. Nei passaggi generazionali si sgretolano le realtà più virtuose. Un’impresa su tre non sopravvive alla successione. Invece, le Piccole e medie imprese che si affidano a figure professionali esterne, nel 68% dei casi continuano con successo l’attività.