I danni economici prodotti dall’emergenza sanitaria, come sappiamo, hanno minato profondamente l’economia italiana e quella mondiale. Stiamo assistendo, purtroppo, a quella che viene definita la “seconda ondata” della pandemia, in parte prevista, ma che tutti pensavamo e speravamo potesse essere solo un brutto incubo. Siamo un’altra volta, dunque, a confrontarci con un virus subdolo e cattivo al quale dobbiamo fare fronte tutti insieme per sconfiggerlo definitivamente.

La “tempesta perfetta”, (così l’ha definita il Centro Studi Confindustria nel suo report presentato dal presidente, Carlo Bonomi, alla presenza del Ministro dell’economia Gualtieri), causata in marzo-aprile da un doppio shock di domanda e offerta, indotto dal blocco normativo delle attività in numerosi settori dell’industria e dei servizi, e dalle limitazioni agli spostamenti delle persone con l’obiettivo di contenere la diffusione del virus, ha prodotto effetti dirompenti sull’economia italiana: il PIL è diminuito complessivamente del 17,8% nel primo e secondo trimestre.

Nelle considerazioni finali, sottolinea il Centro Studi di Confindustria, l’Italia è a un bivio cruciale: da una parte la risalita, dall’altra il declino. Gli strumenti Ue per contrastare l’impatto economico dell’emergenza Covid: Sure, Mes e Next Generation Ue, offrono “una opportunità unica per programmare un futuro in cui la dinamica del Pil sia più elevata”. Infatti, se si riusciranno a utilizzare in modo appropriato le risorse e a potenziarne l’effetto, portando avanti riforme troppo a lungo rimaste ferme, allora si sarà imboccata la strada giusta per risalire la china. Altrimenti, avvertono gli economisti di Viale dell’Astronomia, l’Italia rimarrà un Paese in declino che non sarà in grado di ripagare il suo enorme debito pubblico. Un altro dato su cui bisogna riflettere è la scarsa capacità dell’Italia di utilizzare le risorse europee già stanziate.

L’allarme è condensato in un numero: 37,4%: vuol dire che dei 76 miliardi di euro che l’Ue ha messo a disposizione dell’Italia nel settennato 2014-2020, attraverso le varie articolazioni dei diversi Fondi europei, il nostro Paese è stato in grado di spenderne appena un terzo. Come ha sottolineato Cesare Avenia, presidente di Confindustria Digitale: “Mancano tre mesi alla fine dell’arco di attività del piano: vuol dire che stiamo per perdere il diritto ad usare 44,8 miliardi di euro. Può esserci un meccanismo di deroga che ci consentirebbe l’accesso ai fondi per altri tre anni, ma non possiamo giocare sempre all’ultimo minuto”.

Il problema della nostra incapacità di utilizzare le risorse europee per imprimere svolte sostanziali alla struttura produttiva e amministrativa, resta a tutto tondo. E’ necessario, una volta per tutte, mettere in campo una task force in grado di affrontare e risolvere i problemi normativi e procedurali necessari per cessare di essere la cenerentola d’Europa: il Paese cioè che pur avendo a disposizione fondi finanziari importanti non riesce ad entrarne in possesso. come avviene per altre nazioni come la Polonia, l’Ungheria, la Spagna e la stessa Germania.

Luca Del Vecchio

Vice Presidente Fasi