La pandemia ha cambiato il nostro modo di vedere il mondo e di reagire alle più inaspettate situazioni. In questo contesto completamente nuovo non è semplice navigare fra giornali, telegiornali e altri media; le informazioni accurate scarseggiano tanto quanto le fonti di informazioni affidabili.
Il susseguirsi di nuove scoperte e aggiornamenti scientifici non consente alle Autorità di fornire indicazioni univoche sul modo più efficiente e più efficace per monitorare la diffusione e l’evoluzione del virus.
In base alle informazioni fornite dal sito del Ministero della Salute: “il tampone nasofaringeo è un esame che serve per ricercare il virus e quindi per diagnosticare l’infezione in atto. Mentre il test sierologico permette di individuare la presenza di anticorpi prodotti dal nostro sistema immunitario in risposta al virus e non è dirimente per la diagnosi di infezione in atto, in quanto l’assenza di anticorpi non esclude la possibilità di un’infezione in fase precoce, con relativo rischio che un individuo, pur essendo risultato negativo al test sierologico, risulti contagioso.”
Tuttavia, pur riconoscendo che al momento non vi sono alternative, nessuna delle due verifiche rappresenta uno strumento perfettamente idoneo a capire, a livello di comunità, l’effettiva presenza del virus: i test sierologici, infatti, non forniscono informazioni circa lo stato attuale dell’infezione e i tamponi hanno un grado di fallacità piuttosto elevato, a causa del loro non univoco livello di affidabilità.
In campo internazionale, l’OMS ha fornito delle indicazioni chiare sul modo di limitare il più possibile la diffusione del virus, attraverso i cosiddetti interventi non farmacologici, quali il lavaggio e la disinfezione frequente delle mani, l’uso di dispositivi di protezione individuali( guanti e mascherine) e il distanziamento sociale.
In questa galassia di informazioni contraddittorie, il Fasi ha scelto di non rimborsare né i tamponi per il Covid-19, né i test sierologici, per una serie di motivazioni in quanto:
- non è possibile dimenticare l’efficienza e le forze schierate dal Governo e della Aziende sanitarie sia per il contact tracing che per questo tipo di screening, effettuati in tutti in quei casi in cui il medico abbia il sospetto di positività al Covid-19. Da questo punto di vista, l’ulteriore rimborso da parte del Fasi si configurerebbe come una sovrapposizione dell’attività già egregiamente svolta, in Italia soprattutto, dalle autorità sanitarie. Non va sottovalutato il fatto che un tampone negativo ad un dato momento non esclude che l’infezione possa aver luogo in tempi successivi.
- è importante sottolineare che, a causa del loro discutibile livello di affidabilità, entrambi gli screening farmacologici, che hanno costi piuttosto elevati, comportano un rapporto costo-efficacia non adeguato a essere eleggibile per il rimborso, soprattutto nel caso di screening preventivi effettuati non in presenza di sintomi conclamati, né in presenza di chiaro rischio.
- il rimborso, potenzialmente rivolto all’intera popolazione del fondo, implicherebbe un grosso investimento economico/finanziario a scapito di disponibilità necessarie per altre aree di prestazioni.
Il ruolo delle aziende per risollevare il Paese è imprescindibile e il Fasi si conferma al loro fianco, per assicurare flessibilità, resistenza e capacità di adattamento, alle aziende stesse e alla vita delle persone che vi lavorano.
Da sempre in prima linea per garantire la resilienza delle aziende aderenti, il Fondo si riserva di valutare le future possibilità non appena queste diventeranno delle alternative valide e pienamente affidabili dal punto di vista scientifico.