Da qualche tempo ci s’imbatte sempre più spesso in interventi, articoli e dichiarazioni a proposito di “consumismo sanitario” (così viene definito), in cui si avvalora la tesi, secondo la quale, la spesa sanitaria privata che ciascun cittadino italiano si trova costretto ad affrontare, sarebbe alimentata dagli interessi, non meglio precisati, degli operatori dei fondi di sanità integrativa, assicurazioni private e quanti altri operano nel settore. In altre parole, seguendo questa logica, gli italiani in piena sindrome masochistica, destinano circa 40 miliardi di euro l’anno, oltre 635 euro a testa, dei loro risparmi per appagare uno sfrenato desiderio di andare dal medico. Intanto bisognerebbe avere l’onestà intellettuale di riconoscere che, ormai, da più di dieci anni le cure pagate direttamente dai cittadini rappresentano una voce di spesa importante per le famiglie. Una voce, oltretutto, sempre in crescita.

Il bisogno, poi, di accedere privatamente a cure mediche, non è dettato da impulsi compulsivi degli italiani, quanto, forse, dal fatto che le code di attesa per una visita specialistica (a volte urgente e improrogabile), sono senza fine con la conseguenza che migliaia di pazienti sono costretti ad attendere mesi per essere visitati. La necessità, quindi, di accedere privatamente alle cure non ha nulla a che fare con la sanità integrativa quanto, piuttosto, dai percorsi diagnostici e terapeutici definiti da ciascun medico per ogni singolo paziente. Inoltre, come abbiamo spesso stigmatizzato, solo il 13% della spesa sanitaria privata degli italiani è “intermediata” da forme collettive di sanità integrativa, una percentuale minima rispetto a quanto avviene negli altri paesi europei.

La verità che non si vuole accettare o, meglio ancora, non si vuole far conoscere ai cittadini italiani è che, in assenza di un Secondo Pilastro Sanitario, accessibile e normato legislativamente, aumenteranno sempre di più le diseguaglianze sociali e le disparità territoriali di trattamento terapeutico e diagnostico. La “forbice” tra famiglie con redditi alti e residenti in regioni più avvantaggiate, e le altre con meno possibilità di cure e strutture sanitarie all’altezza della situazione, sarà sempre più ampia e ingiusta. Un quadro ampiamente descritto dall’ultimo Rapporto Censis, ma che ha avuto scarsissima eco sui media. La realtà è, per così dire, capovolta rispetto a quella descritta da alcuni opinionisti e politici, interessati più alle loro visioni e interessi che ai fatti così come si manifestano.

Il Fasi è, fin dalla sua costituzione, impegnato a garantire la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale, universalistico e solidaristico e a favorire uno sviluppo armonico del Secondo Pilastro Sanitario seguendo un solo obiettivo che dovrebbe essere comune a tutti gli operatori del settore: un sistema sanitario efficiente per tutti noi e, soprattutto, per le generazioni future.

Marcello Garzia

Presidente Fasi